Gli interruttori differenziali, noti anche come salvavita, sono dispositivi di protezione elettrica progettati per prevenire scosse elettriche e incendi causati da correnti di guasto. La loro funzione principale è quella di monitorare la corrente che passa attraverso i conduttori di fase e neutro. Se rilevano una differenza tra le correnti in ingresso e in uscita, attivano un meccanismo di disconnessione, interrompendo il circuito per proteggere le persone e le apparecchiature. La classificazione degli interruttori differenziali si basa su diversi parametri.

1. Tipo di Rivelazione

Gli interruttori differenziali possono essere classificati in base al loro principio di funzionamento:

Interruttori Differenziali Tradizionali (RDD): Questi dispositivi utilizzano un trasformatore di corrente per rilevare la differenza di corrente tra fase e neutro. Se questa differenza supera una soglia prestabilita, il dispositivo interviene.

Interruttori Differenziali Elettronici (RDC): Utilizzano circuiti elettronici per rilevare le correnti di guasto. Offrono maggiori sensibilità e possono avere caratteristiche aggiuntive come la segnalazione di guasto.

2. Sensibilità

La sensibilità è un altro criterio di classificazione fondamentale, che si riferisce alla corrente di guasto alla quale l’interruttore interviene.

Gli interruttori differenziali si dividono in:

Tipo AC: Rilevano solo correnti alternate. Sono i più comuni e adatti per circuiti domestici standard.

Tipo A: Possono rilevare sia correnti alternate che correnti continue smorzate, rendendoli adatti per apparecchiature elettroniche come computer e macchinari vari.

Tipo B: Rilevano correnti continue e alternate, adatti per installazioni con inverter e sistemi di energia rinnovabile, come i pannelli solari.

• Tipo F: sono sensibili anche a correnti di dispersione con frequenza variabile tra 10 Hz a 1 kHz, necessari per proteggere carichi elettronici o convertitori di frequenza monofase.

3. Corrente di Intervento

Gli interruttori differenziali sono anche classificati in base alla loro corrente di intervento, che indica il livello minimo di corrente di guasto che il dispositivo è in grado di rilevare e che porta all’interruzione del circuito:

30 mA: Generalmente usati per la protezione personale, come in ambienti residenziali e commerciali. Offrono un buon livello di sicurezza contro le scosse elettriche.

100 mA: Utilizzati principalmente in installazioni industriali, per proteggere apparecchiature e impianti, ma non sono considerati per la protezione delle persone.

300 mA: Si utilizza per la protezione di impianti contro incendi causati da correnti di guasto, più che per la protezione degli individui.

4. Numero di Poli

Un altro aspetto fondamentale è il numero di poli, che determina quanti conduttori possono essere monitorati. Gli interruttori differenziali possono essere:

• Monofase: Utilizzati in applicazioni domestiche e per piccoli elettrodomestici, monitorano un solo conduttore di fase e il neutro.

• Bifase e Trifase: Utilizzati in applicazioni industriali, monitorano rispettivamente due e tre conduttori di fase, offrendo una protezione più completa per impianti complessi.

5. Caratteristiche Aggiuntive

Alcuni interruttori differenziali offrono funzionalità aggiuntive, come:

• Manual Reset: Richiedono un intervento manuale per essere ripristinati dopo un’attivazione.

• Test di Funzionamento: Inclusione di un pulsante di test per verificare il corretto funzionamento del dispositivo.

Selezione dei differenziali di tipo AC, A, F e B

Per la scelta del tipo di RCD – AC, A, F o B – da parte dell’installatore o del progettista dell’impianto, si deve tener conto della possibile corrente di guasto causata dagli apparecchi utilizzatori che si intendono alimentare. Un interruttore differenziale non idoneo ai carichi può comportare conseguenze spiacevoli di varia gravità, che vanno dall’intervento intempestivo al mancato o ritardato intervento in presenza di guasto.

In generale, si possono seguire i seguenti criteri generali:

1. Stima della possibile forma d’onda della corrente di guasto degli apparecchi utilizzatori tenendo conto della loro configurazione circuitale interna.

2. Le informazioni o le raccomandazioni dei fabbricanti degli apparecchi che l’installatore è tenuto a rispettare. In caso di dubbi, l’installatore dovrebbe chiedere al corrispondente fabbricante indicazioni circa la possibile corrente di guasto e di conseguenza del tipo di differenziale idoneo all’apparecchio.

3. Espliciti requisiti o raccomandazioni normative. Per questo ultimo aspetto, la normativa non è identica in tutti i paesi (in diverse nazioni, per esempio, i differenziali di tipo AC non sono ammessi e per tutte le applicazioni sono necessari interruttori differenziali almeno di tipo A). In Italia si segue la norma CEI 64-8 e le altre norme applicabili.

Conclusione

Questi dispositivi elettronici sono molto importanti per rendere a norma di legge impianti elettrici sia civili che industriali. Ogni impianto deve essere dotato dei dispositivi più adatti all’ambito di utilizzo, al fine di una corretta scelta bisogna conoscere la tipologia di correnti di guasto differenziale presenti e future nell’impianto in cui si sta operando, nonché le apparecchiature e i macchinari che vi verranno connessi. La scelta deve essere preceduta da una analisi, semplice per un impianto civile, articolata fino a complessa negli altri settori, mettendo in relazione i parametri forniti dal costruttore con quelli rilevati dallo studio. A grandi linee si potrebbe dire che nel settore civile si tendono a preferire i differenziali di tipo A con controllo della corrente di guasto e l’autoriarmo, anche se in molti casi potrebbe essere sufficiente l’AC, soprattutto per impianti semplici.

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